Storia e significato del blu
Il colore blu ha avuto nella storia alterne vicende e curioso è il suo percorso: nato dall’incontro tra luce e materia, è entrato nella nostra vita a poco a poco fino a diventare il colore più amato e utilizzato tanto nell’arte quanto negli oggetti di uso quotidiano. Gli egizi lo consideravano il colore degli dei, mentre ai greci e ai romani non piaceva affatto.
Curiosando nell’etimologia da cui provengono le parole che definiscono il colore blu, scopriamo che la parola deriva dall’antico germanico blau e l’azzurro viene dal persiano lazhward, il nome originale del lapislazzulo. Turchino e turchese rimandano alla Turchia, paese in cui la pietra era molto diffusa. L’indaco proviene invece dall’India, mentre il celeste viene dal latino coelum, cielo. Nel mondo dell’antichità classica, così come nell’Europa medievale e rinascimentale, le materie prime utilizzate per riprodurre il blu in pittura o per tingere di questo colore le stoffe erano di origine naturale. Gli artisti facevano ricorso a due minerali finemente polverizzati: il lapislazzulo e l’azzurrite. Per i tessuti si usava invece il distillato di due arbusti: l’indigofera diffusa in India, nelle Americhe e in Africa, oppure il guado, che cresceva nell’Europa nel nord. Solo nel 1200, grazie ad una serie di innovazioni tecniche, l’indaco diede vita ad una fiorente industria, specie in Francia. La capacità di produrre industrialmente l’indaco artificiale (con il quale oggi si tingon i jeans) fu messa a punto in Germania alla fine dell’800. L’apoteosi del blu si celebrò nel 1700, quando l’invenzione di un pigmento artificiale, il blu di prussia, arricchì la tavolozza dei pittori e quando gli scienziati, grazie alle scoperte di Newton sullo spettro solare, attribuirono al blu lo status di colore fondamentale.
Nelle statistiche degli ultimi 100 anni, l’azzurro è il colore preferito da oltre il 50% degli europei ed è molto utilizzato sia nelle campagne marketing sia in quelle pubblicitarie. A questo proposito si è osservato che i sonniferi, il cioccolato al latte e molti prodotti per la pulizia vendono di meno se sulla confezione non c’è almeno un piccolo fregio celeste.
Il blu è dappertutto e dovunque si trovi, trasmette un messaggio preciso: sulla bandiera dell’ Onu e dell’Unine Europea indica la volontà di pace e fratellanza, sui pacchetti di zucchero significa dolcezza, sul logo del worl wide web ci ricorda che viviamo sul “pianeta azzurro” e stiamo diventando una comunità interconnessa, il Telefono azzurro segnala il desiderio di proteggere i bambini in difficoltà, i blue-jeans sono sinonimo di abbigliamento informale e rilassato. Da circa tre secoli, il colore blu è diventato anche un efficace strumento per comunicare concetti politici e militari: sulla bandiera americana fu infatti associato all’idea di indipendenza, sulla coccarda francese, inaugurata il giorno della presa della Bastiglia, luglio 1789, rappresentò l’uguaglianza rivoluzionaria.
Secondo il test cromatico di Luescher, chi dà la preferenza al blu esprime il bisogno di quiete e serenità emotiva, oppure è un tipo calmo per natura, altruista, in pace con se stesso e con il mondo. Il blu è un colore che racchiude l’attesa, la magia, il mistero. In alcune correnti della mistica islamica, il blu scuro è il colore della buona azione e l’azzurro quello della certezza intuitiva. La simbologia massonica di ispirazione, invece, accorda l’azzurro con i tre elementi centrali dell’albero della vita: il fondamento, la bellezza e la corona. Perchè il cielo è azzurro? Lo ha scoperto 150 anni fa il fisico irlandese John Tyndall: il cielo è azzurro perchè la luce solare, che è bianca, a contatto con l’atmosfera terrestre, si suddivide e i raggi blu, che hanno una lunghezza d’onda più breve degli altri, si diffondono in tutte le direzioni. Associata al cielo e al mare, il blu evoca luce, profondità, intuizione dell’infinito, tensione verso l’ultraterreno, unione con il tutto. Grazie al blu, nel 1961, Jurij Gagarin, il primo astronauta russo che viaggiò nello spazio, si orientò nel buio dell’ambiente extratmosferico. Infatti appena vide il nostro pianeta, il primo commento che comunicò alla base di controllo fu: “la terra è blu, che meraviglia, è incredibile”.
Le sorgenti di luce blu, così come le altre fonti di luce colorate, hanno la caratteristica di emettere un fascio monocromatico, influenzando fortemente i cicli circadiani, cioè i ritmi crono-biologici dell’uomo che regolano il rapporto di sonno/veglia. La luce blu è infatti in grado di aumentare i livelli di allerta nell’uomo predisponendo all’attività sia fisica che mentale, mentre dal punto di vista psicologico predispone alla calma e all’introspezione. Di conseguenza, l’utilizzo di sorgenti di luce definite “fredde”, e quindi tendenti all’azzurro, sono un’ottima soluzione per coloro che devono effettuare lavori che richiedono attenzione e allo stesso tempo un buon controllo dello stress fisico e mentale.
Nell’antica Grecia, il blu è stato un colore poco preso in considerazione. Venivano infatti preferiti il nero, il rosso e l’ocra, molto utilizzato per le rappresentazioni su ceramica degli dei. Anche nella cultura degli antichi romani il blu era poco usato, poichè rappresentava il colore dei barbari celti e germani. Analizzando le antiche cartografie è evidente come la rappresentazione dell’acqua veniva effettuata con l’utilizzo del verde. Il blu non venne considerato nemmeno con l’avvento della Chiesa, che codificò l’uso dei colori liturgici attraverso il bianco (Pasqua), il rosso (Pentecoste) e il viola (Quaresima). Nel corso dell’800 gli storici notarono che nell’Atene di Omero e nella Roma imperiale il blu era un colore senza prestigio, spesso confuso con il verde e il grigio e, nella letteratura greca e romana, non compare un aggettivo che qualifichi in modo preciso questo colore. Inizialmente si pensò che questo fosse legato ad un difetto della vista e del sistema neurosensoriale che rendeva gli antichi insensibili o addirittura “ciechi” al blu. In seguito, la questione venne superata nel momento in cui si capì che anche la percezione del colore, come ogni altro senso umano, è un prodotto della storia. Perchè il blu diventasse un colore significativo, capace di trasmettere idee e suscitare emozioni, furono necessarie, nell’Europa cristiana, almeno due cose: che le materie di base per la pittura e la tintura delle stoffe non fossero più un bene raro e difficile da distillare come nell’antichità, e che nuove abitudini si sedimentassero nell’inconscio collettivo trasformando la sensibilità ed il gusto degli individui. Lo storico francese Pastoureau ha datato al 1100 il punto di svolta riguardo al colore blu. Grazie allo sviluppo del commercio e dei mezzi di produzione materiale nacque una nuova sensibilità religiosa e culturale e il colore blu si impose sulla scena europea per rimanerci fino ai giorni nostri. Il primo segnale che qualcosa stava cambiando lo diede, in pittura, il mantello della Vergine: precedentemente era stato quasi sempre dipinto di bruno, violetto o bianco, poi diventò ovunque di un bel blu chiaro e luminoso, trasformandosi in un simbolo di purezza e misericordia.
Gli stessi faraoni egizi, in quanto personificazioni degli dei, portavano barbe e parrucche blu e dipinti di blu sono molti dei loro sarcofagi e maschere funerarie. Gli antichi egizi facevano largo uso del blu; lo amavano perchè lo consideravano un colore divino e avevano imparato a ricavarlo artificialmente mescolando sabbia, rame e carbonato di soda cristallizzato: è il famoso “blu egizio” che conferiva alle pitture e agli oggetti uno splendido aspetto smaltato.
Il blu è il colore della riflessione contemplativa e della meditazione; nel blu c’è il sapere unito alla dedizione, alla delicatezza d’animo, alla propensione per il contatto e alla partecipazione affettiva: non stupisce allora che questo sia il colore “materno” della Madonna. E’ anche il colore dei miti, si ritrova nelle fiabe ed è il colore dei principi coraggiosi. La fata Turchina di Pinocchio aveva i capelli del colore del cielo e dello spirito: una chiara allusione alla trasformazione iniziatica del burattino, che muore per rinascere bambino. Barbablu incarna invece l’aspetto inquietante e mortifero del blu e ben simboleggia le profondità arcane che l’anima deve conoscere per trovare la salvezza. Il principe azzurro: nei primi cicli arturiani figurano come protagonisti soltanto cavalieri rossi (spesso animati di cattive intenzioni), neri (spesso personaggi anziani e saggi) o verdi (cavalieri giovani ed inesperti). Questo simbolismo cromatico si arriccchisce di cavalieri blu soltanto verso la metà del 1200: qui nasce il prototipo di principe azzirro, valoroso, giusto e leale, che ritroviamo in tante fiabe come archetipo del maschile “che salva”.